Vittorio De Sica

De Sica Vittorio

  • Novembre 13, 2024
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Nasce a Sora il 7 luglio 1901 da una famiglia della piccola borghesia, ma trascorre gli anni della fanciullezza a Napoli, dove si diletta di recitazione sin da giovanissimo.

Esordisce al cinema nel 1918 rivestendo un ruolo secondario ne “Il processo Clemenceau” di Bencivenga. Compare successivamente in altri film, mettendo a punto il proprio personaggio di giovinotto brillante e scanzonato: il grande successo di pubblico lo raggiunge però solo nel 1932, quale protagonista di “Gli uomini, che mascalzoni!” di Mario Camerini.
Tra le sue prime comparizioni vanno ricordate, sempre per la regia di Camerini, “Darò un milione” (1935), “Il signor Max” (1937) e “Grandi magazzini” (1939).

Debutta dietro la macchina da presa nel 1940 con “Rose scarlatte”, adattamento di un testo teatrale di successo. Dopo aver firmato alcune piacevoli commedie, muta registro con l’intenso “I bambini ci guardano'” (1943), che annuncia la leggendaria stagione del neorealismo e segna l’inizio della fortunata collaborazione con Cesare Zavattini: è da essa, infatti, che prenderanno le mosse “Sciuscià” (1946) e “Ladri di biciclette” (1948), entrambi premiati con l’Oscar ed entrati a far parte della storia del cinema mondiale.

“Miracolo a Milano” (1951) ed “Umberto D.” (1952) consacrano la maestria di De Sica e ne segnano l’apogeo di autore: in seguito, solo in rare occasioni – “L’oro di Napoli” (1954), “La ciociara” (1960), “Ieri, oggi, domani” (1963), “Il giardino dei Finzi Contini” (1970) – il cineasta ritroverà la propria vena migliore, più spesso licenziando opere inficiate da preoccupazioni commerciali od all’insegna di un intimismo a volte bozzettistico.

Del De Sica interprete, sono ancora da segnalare la minisaga iniziata con “Pane, amore e fantasia” (1953) di Comencini e la bella prova fornita ne “Il generale Della Rovere” (1959) di Rossellini.

A seguito di un’operazione ai polmoni, muore a Neuilly in Francia il 13 novembre 1974.


Carlo Lizzani

Lizzani Carlo

  • Settembre 25, 2011
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Carlo Lizzani è nato a Roma il 3 aprile del 1922. Regista di decine di film da Viaggio al sud -il suo documentario d’esordio del 1949- fino a Scossa, pellicola ad episodi girata insieme a Citto Maselli, Ugo Gregoretti e Nino Russo e presentata fuori concorso all’ultima edizione della Mostra del Cinema di Venezia.

Ancora prima di diventare regista, Carlo Lizzani è stato critico e grande studioso di cinema, sceneggiatore (ottiene anche una nomination all’Oscar per la sceneggiatura di Riso Amaro, 1949,  diretto da Giuseppe De Santis) e aiuto-regista.

E’ stato direttore della Mostra di Venezia tra la fine degli anni ’70 ed i primi anni ’80; ha lavorato nella redazione della rivista “Cinema”; ha pubblicato un libro dal titolo “Storia del cinema italiano”; ha iniziato -soprattutto negli ultimi anni- un enorme lavoro di recupero della memoria del cinema italiano, in modo particolare con monografie su De Santis, Roberto Rossellini (con cui ha lavorato alla sceneggiatura di Germania anno zero) e Luchino Visconti. Ex presidente dell’Anac (Associazione Nazionale Autori Cinematografici) ha ceduto il suo posto ad Ugo Gregoretti.

Carlo Lizzani ha raccontato storie di cronaca e avvenimenti storici attraverso il cinema, in un insieme di lavori che vanno dal dramma, al documentario, passando per l’inchiesta giornalistica e la commedia. Narratore della sinistra di un tempo, ha raccontato la storia dei grandi leader della sinistra italiana, da Togliatti a Berlinguer, è stato documentarista per il PCI fino al 1957. Ogni tanto si è allontanato dal suo status di autore impegnato per osservare i mutamenti di costume dell’Italietta operaia, inoltrandosi nello spaghetti western (Un fiume di dollari, 1966) o nella commedia comica con film come Il carabiniere a cavallo (1961) che racconta la storia di un carabiniere -sposato segretamente poiché il regolamento vieta il matrimonio prima del quindicesimo anno di servizio- che passa la luna di miele alla ricerca del cavallo che gli è stato rubato. È una delle rare incursioni di Lizzani nel genere comico, con la sceneggiatura di Antonio Pietrangeli, Ettore Scola e Ruggero Maccari, una commedia disuguale quanto la carriera registica di Carlo Lizzani.

Tra gli altri suoi lavori da ricordare c’è sicuramente il suo primo film di finzione, il bellico Achtung! Banditi! (1951) con Gina Lollobrigida, Andrea Checchi, Lamberto Maggiorani e Giuliano Montaldo coinvolti in una storia di guerra partigiana fra Genova e l’Appennino ligure. Nel 1953 invece, vince il Premio Internazionale di Cannes per la pellicola Cronache di poveri amanti con Marcello Mastroianni, che aveva realizzato simultaneamente al drammatico Ai margini della metropoli (1953) con Giulietta Masina. Coinvolto nel progetto di Cesare Zavattini Amore in città (1953), Lizzani avrà l’occasione di collaborare con Michelangelo Antonioni, Federico Fellini, Dino Risi e Alberto Lattuada in una mininchiesta sull’amore in Italia. Dirige poi: Il gobbo (1960) con Pier Paolo Pasolini -che ritroverà anche in Requiescant (1966)-, il già citato Il carabiniere a cavallo (1961) con Nino Manfredi, Il processo di Verona (1963) con la Mangano e Claudio Gora e La vita agra (1964) con Ugo Tognazzi.

Nel 1965, lavora con Ettore Scola nella commedia Thrilling con Alberto Sordi e, nel 1968, dirige Stefania Sandrelli nel troppo sottovalutato L’amante di Gramigna. Vincitore del David di Donatello per la miglior regia e di un Nastro d’Argento per la migliore sceneggiatura per Banditi a Milano (1968), collabora con Jean-Luc Godard, Marco Bellocchio, Bernardo Bertolucci e l’amico Pasolini nella pellicola corale Amore e rabbia (1969), riemergendo dal mucchio nel 1971 con Roma bene e con Mussolini: ultimo atto (1974) che racconta gli ultimi giorni prima della morte di Benito Mussolini basandosi sulla versione ufficiale della sua fucilazione e ha come protagonisti Rod Steiger ed Henry Fonda. Nel 1977 invece Lizzani gira il film Fontamara, tratto dall’opera più famosa di Ignazio Silone, sui contadini di Fontamara (paese dell’Abruzzo) che subiscono la repressione fascista.

Ha lavorato poi nel piccolo schermo con alcune fiction, alternandosi comunque con documentari e lungometraggi al cinema come Mamma Ebe (1985), Caro Gorbaciov (1988), Celluloide (1995); l’opera corale Un altro mondo è possibile (2001) con Francesca Archibugi, Bellocchio, Marco Tullio Giordana, Franco Giraldi, Monicelli, Pontecorvo, Gabriele Salvatores, Scola e i fratelli Taviani; Hotel Meina (2007) fino all’ultimo Scossa.

Muore a 91 anni,  il 5 ottobre 2013, gettandosi dal balcone dell’appartamento in cui viveva, nel quartiere Prati a Roma.