Pertini Sandro
Sandro Pertini, il Presidente della Repubblica più amato della storia d’Italia, è stato l’uomo che più di tutti ha incarnato il ruolo e il senso di quella Repubblica che lui aveva contribuito a costruire, con le lotte partigiane prima e l’impegno politico dopo.
Pertini nacque il 25 settembre 1896 a San Giovanni di Stella, in provincia di Savona.
Durante la prima guerra mondiale, nel Novembre 1915 fu chiamato alle armi in qualità di soldato semplice: rifiutò di fare il corso per ufficiali a causa della sua posizione di socialista neutralista. Tuttavia nel 1917 una direttiva militare lo obbligò a riqualificarsi come sotto-tenente, e fu decorato con la medaglia d’argento al valor militare dopo aver guidato, nell’agosto del 1917, un assalto al monte Jelenik durante la battaglia della Bainsizza. Dopo la guerra però il regime fascista gli negò la decorazione a causa della sua militanza socialista.
Terminata la guerra, nel 1918 si iscrive al Partito Socialista Italiano, e questo è l’inizio della sua opposizione attiva alla dittatura fascista, che in seguito lo farà diventare oggetto di rappresaglie squadristiche.
Nel 1923 si laurea in giurisprudenza all’ Università di Modena. Trasferitosi a Firenze dal fratello Luigi nel 1924, consegue una seconda laurea in scienze politiche ed entra in contatto con le personalità dell’ambiente dell’interventismo democratico e socialista, quali Gaetano Salvemini, i fratelli Rosselli, Ernesto Rossi. Durante questo periodo aderì al movimento di opposizione al fascismo “Italia Libera”.
Il 22 Maggio 1925 venne arrestato a Stella per aver distribuito un opuscolo clandestino in risposta al discorso di Mussolini del 3 Gennaio, stampato a sue spese, dal titolo “Sotto il barbaro dominio fascista”, ove evidenziava le responsabilità della monarchia nel far perdurare il regime fascista e la sua illegalità, ed esprimeva sfiducia nell’operato del Senato del Regno, composto in maggioranza da filofascisti. La condanna, di 8 mesi di reclusione gli viene risparmiata per amnistia, ma nel 1926 fu condannato a cinque anni di confino. Così si rifugia a Milano, dove collabora all’organizzazione della fuga del suo maestro Filippo Turati in Francia, dove espatria egli stesso. Qui lavora come muratore e come comparsa nel cinema, ma a Nizza sarà processato per il suo impegno politico.
L’esilio francese terminò il 30 novembre 1929, tornando clandestinamente in Italia allo scopo di riorganizzare le file del partito socialista e stabilire contatti con gli altri partiti antifascisti, tra cui i democratici di “Nuova Libertà”. Continua la sua azione antifascista, ma Il 14 aprile 1929, recandosi a Pisa per incontrare Ernesto Rossi, fu riconosciuto per caso da un esponente fascista di Savona, e fu arrestato da un piccolo gruppo di camicie nere. Condannato ad 11 anni di reclusione, durante la lettura della condanna urla: “viva il socialismo abbasso il fascismo“. Dopo 7 anni di carcere viene inviato al confino prima a Ponza poi a Ventotene, dove le condizioni estreme mettono a dura prova la salute di Pertini. La notizia della reclusione giunge a Filippo Turati, attraverso 2 lettere scritte da Carlo Rosselli e da Palmiro Togliatti. Le denunce e provenienti dall’estero inducono le autorità fasciste a far trasferire Pertini in un carcere meno duro, il carcere di Turi, in provincia di Bari, dove incontrò Antonio Gramsci. Dopo sei anni di prigione, venne trasferito a Ponza nel 1934 come confinato politico. Esaurite le sue condanne al carcere, nel 1940 Mussolini stesso intervenne per prolungare di altri 5 anni il suo confino perché “pericoloso per la sicurezza pubblica e per l’ordine nazionale dello Stato”.
Riacquistata la libertà solo il 13 agosto 1943, pochi giorni dopo la caduta del fascismo, tornò a Roma, per contribuire alla ricostruzione del partito socialista e riprendere la lotta antifascista, partecipando infatti alla fondazione del PSIUP dall’unione del PSI con il MUP. Questo fu anche il periodo della resistenza partigiana: l’8 settembre 1943 si pone alla testa dei civili che a fianco ai soldati dell’esercito regolare contrastarono tenacemente l’ingresso delle truppe tedesche nella capitale, e pochi giorni dopo Pertini guida i gruppi di resistenza a Porta San Paolo. Il 15 ottobre venne tuttavia catturato dalle SS, assieme a Giuseppe Saragat, e condannato a morte per la sua attività partigiana, ma la sentenza non venne eseguita grazie all’azione delle Brigate Matteotti che, il 25 gennaio 1944, permise la loro fuga dal carcere di Regina Coeli.
In Maggio parte per Milano con l’intento politico di riorganizzare il partito Nazionale Alta Italia (CLNAI). Dopo la liberazione di Roma di Luglio 1944 viene richiamato nella capitale da Pietro Nenni, leader del PSI, ma a causa di alcune complicazioni non raggiunse la destinazione e nell’estate si fermò a Firenze, dove partecipa all’insurrezione popolare della città.
Nell’Ottobre del 1944 esaurita la fase di consultazioni politiche a Roma, decise che la sua presenza era inutile e raggiunse Torino, dove, agli inizi del 1945, conosce a Torino Carla Voltolina, staffetta partigiana, che diventerà sua moglie. Il 29 Marzo fonda con Leo Valianied Emilio Sereni un comitato militare insurrezionale in seno al CLNAI con lo scopo di preparare l’insurrezione di Milano e l’occupazione della città. In qualità di comandante militare del CLNAI, dirama egli stesso alla radio l’ordine dell’insurrezione di Milano del 25 aprile. Fu proclamata ufficialmente anche la condanna a morte di tutti i gerarchi fascisti, compreso Mussolini, che fu fucilato 3 giorni dopo.
Nel secondo dopoguerra Pertini fu uno degli esponenti più autorevoli del PSI, diviene deputato della sua Assemblea Costituente nel 1946, e appoggiò il lavoro delle commissioni di epurazione. La sua linea politica aveva come scopo la progettazione delle riforme necessarie per la ricostruzione del paese ed eliminare radicalmente una qualsiasi possibilità di ritorno del fascismo. A tal proposito fu decisamente avverso all’attuazione dell’amnistia voluta da Togliatti nei confronti dei reati politici commessi dai responsabili dei crimini fascisti, intervenendo con dure parole durante un’interrogazione parlamentare: “Verrà un giorno in cui dovremo vergognarci di aver combattuto contro il fascismo e costituirà colpa essere stati in carcere e al confino per questo”
Nella prima Legislatura (1948) viene nominato senatore della Repubblica e diventa anche presidente del Gruppo parlamentare socialista.
Pertini divenne il settimo presidente della Repubblica il 29 giugno 1978 in seguito delle dimissioni di Giovanni Leone. Dopo il giuramento, nel suo discorso d’insediamento Pertini ricordò il compagno di carcere ed amico Antonio Gramsci, e sottolineò la necessità di porre fine alle violenze del terrorismo ricordando, tra l’altro, la tragica scomparsa di Aldo Moro.
La sua elezione apparve subito un importante segno di cambiamento per il Paese, grazie al carisma e alla fiducia che esprimeva la sua figura di eroico combattente antifascista e padre fondatore della Repubblica, in un Paese ancora scosso dalla vicenda del sequestro Moro.
Pertini contribuì a rendere la figura del Presidente della Repubblica simbolo dell’unità del popolo italiano, riavvicinando i cittadini alle istituzioni, in un momento difficile, quello degli anni di piombo, del terrorismo (la vicenda del sequestro Moro), della crisi economica e politico-parlamentare.
Fu inoltre il primo presidente della Repubblica a conferire l’incarico di formare il governo ad una personalità non democristiana, Giovanni Spadolini, il quale presentò il suo primo Governo il 28 giugno 1981.
Nel luglio 1985, terminato il mandato presidenziale, Pertini divenne senatore a vita.
Morì a Roma il 24 febbraio 1990.