Bartali Gino
Gino Bartali è stato un ciclista su strada e dirigente sportivo italiano. Professionista dal 1934 al 1954, soprannominato Ginettaccio, vinse tre Giri d’Italia e due Tour de France.
Gino Bartali nasce a Ponte a Ema, in provincia di Firenze, il 18 luglio del 1914. A dodici anni interrompe gli studi. Lavora come aiuto meccanico per tre giorni alla settimana in una piccola officina di biciclette.
Nel 1931 prende il via la sua grande avventura sulla bici. Ma è nel 1935 che Bartali viene conosciuto dal grande pubblico, perché vince il campionato italiano e arriva quarto alla Milano San Remo. Nel 1936 e nel 1937 trionfa al Giro d’Italia. È ormai il protagonista assoluto del ciclismo italiano. Ha ventitré anni, è polemico, chiuso e scontroso. Non per nulla gli amici lo chiamano Ginettaccio.
È l’uomo giusto per il Tour de France: l’unica corsa a cui partecipano le squadre nazionali. Nel 1938 il commissario tecnico del ciclismo italiano, il grande Girardengo, lo prepara per battere i francesi. E Gino li batte. Due anni dopo è lui ad essere sconfitto. Nel 1940 vince il Giro d’Italia il suo gregario nella Legnano: il giovane Fausto Coppi che, dopo la seconda guerra mondiale, cambierà squadra e andrà alla Bianchi.
Durante la Resistenza, Bartali ha aiutato ebrei ed antifascisti facendo la spola con la bicicletta. È un buon padre di famiglia. I francesi lo chiameranno Gino le pieux, il pio, perché è un membro dell’Azione cattolica ed è un devoto di Pio XII.
Nel 1946 in Italia si corre il Giro della rinascita. In un paese che fa i conti con la fame e con il dramma della ricostruzione, ‘pedalare’ entra nel gergo degli italiani. E gli italiani pedalano con Bartali che vince il Giro per la terza volta.
Nell’estate del 1948 è il protagonista di un capolavoro sportivo: è l’unico italiano in gara nel Tour de France ha un ritardo di ventuno minuti sul grande Louison Bobet. Bartali aspetta le montagne e sul colle dell’Izoard, il 15 luglio, stacca gli avversari vincendo la tappa Cannes Briançon. E poi continua a salire. Arriva a Parigi venti minuti prima dei francesi e dopo dieci anni dalla prima volta, Bartali vince ancora il Tour.
Quarto nei Tour del 1951 e del 1952, in cui aiutò Coppi a vincere, vinse a trentotto anni il suo ultimo grande titolo, il campionato italiano. Nel 1953, dopo aver vinto a trentanove anni il Giro della Toscana, ebbe un incidente stradale che rischiò di fargli perdere la gamba destra per gangrena. Dopo pochi mesi però rientrò in scena alla Milano-Sanremo. Anche se non colse un grande risultato la folla fu tutta per lui.
A Città di Castello, dove passò diversi mesi da sfollato protetto dalla popolazione, volle concludere la sua attività da professionista, correndo in un circuito creato apposta per l’occasione nel 1954.
Nel 1959 aveva ingaggiato nella sua squadra, la San Pellegrino Sport, il campionissimo Fausto Coppi, allora in declino, con l’obiettivo di rilanciarlo. Coppi aveva invitato il suo ex rivale e ora team-manager nel famoso viaggio in Alto Volta che avrebbe finito per costargli la vita, ma Bartali rinunciò volendo passare i momenti liberi da gare con la famiglia, composta dalla amatissima moglie Adriana Bani (sposata nel 1940 a Firenze) e da tre figli, Andrea, Luigi e Bianca.
Negli anni seguenti il fiorentino ha via via rarefatto la sua presenza nel mondo del grande ciclismo, non esitando però a lanciare strali contro quelli che sarebbero stati i “mali” di questo sport: il doping, la corruzione e gli ingaggi troppo alti. Nella primavera del 1989 e1990 ha condotto il TG satirico Striscia la Notizia.
Si è spento per un attacco di cuore il 5 maggio 2000 nel primo pomeriggio nella casa di Firenze in piazza Cardinale Elia Dalla Costa.